Si può morire anche così, presi a sprangate da due cittadini italiani che ti accusano di aver rubato dei biscotti, ma poi ti fanno fuori urlandoti “sporco negro”, “vi ammazziamo tutti”. E Abdul William Guibre, un giovane italiano di 19 anni originario del Burkina Faso, è morto proprio così, dopo essere stato rincorso e preso a sprangate per il sospetto del furto di qualche biscotto.
E’ questo l’incubo in cui si risveglia e riprende la vita di sempre la città di Milano, dopo la pausa estiva e i mesi trascorsi dalla classe politica del paese e della città a pensare quali nuove norme quotidiane inventare per far scattare l’allarme sociale, appagarlo e imporlo con i colpi di spranga legali del “pacchetto sicurezza”.
La classe politica italiana, incitata da padroni e padroncini ha dichiarato guerra a donne e uomini migranti: una guerra che scardina completamente l’ordinamento giuridico, stabilendo, per legge, con l’aggravante di clandestinità, che la legge non è uguale per tutti, rende impossibile per gli immigrati privi di permesso di soggiorno trovare un’abitazione e dispiega l’esercito nelle zone a più alto tasso di immigrazione così come nei centri di detenzione.
Il tutto accompagnato da altri deliri securitari e nuove trovate repressive, come le impronte digitali ai minori rom, le pene detentive e le ammende previste per la prostituzione nei luoghi pubblici in quanto fenomeno di “allarme sociale” (che coinvolge 9 milioni di clienti italiani!), telecamere ovunque, rastrellamenti sui mezzi pubblici, ronde più o meno private, poteri speciali che hanno conferito ai sindaci una sorta di onnipotenza nella disciplina dei comportamenti – vietato mangiare panini per strada, vietato sedersi sulle panchine dopo il tramonto e baciarsi in macchina…
Queste leggi sono un vero e proprio dispositivo di guerra, che militarizza e razzializza il territorio per colpire la parte più precaria e ricattabile della popolazione. Un dispositivo sostenuto apertamente da quasi tutti i mass-media, che cercano di occultare gli immigrati morti sui posti di lavoro, le prostitute immigrate uccise o stuprate sulle strade, le condizioni di vita disumane in cui sono costretti a vivere i bambini a cui si prendono le impronte digitali, le condizioni di schiavitù lavorativa di molti immigrati e immigrate, i centri di detenzione pieni di migranti sequestrati direttamente sui posti di lavoro.
Il feroce assassinio di Abdul – avvenuto vicino alla stazione centrale di Milano, presidiata, tra l’altro, dall’esercito – oltre che un omicidio dichiaratamente razzista è anche l’inevitabile risultato di tutto ciò: divieto di vivere per un giovane italo-africano, decretato da due cittadini italiani, padre e figlio, che esprimono così la loro complicità con questo stato di guerra, convinti di apportare con soluzioni “fai da te” il loro personale contributo alla sicurezza del paese.
Respingiamo le lacrime di coccodrillo del vicesindaco De Corato e dei suoi compari di governo e opposizione.
L’unica risposta è l’organizzazione dal basso contro l’ordine della repressione e dello sfruttamento.
Milano, 15 settembre 2008
Comitato Antirazzista Milanese – info@antirazzistimilano.org
http://www.antirazzistimilano.org